Un sistema di fabbricazione diffusa possono risolve le strozzature dei tradizionali processi di fornitura. Il modello “Digital Forge” di Markforged.

 (di Sana Kazilbash, per Engineering.com; traduzione e adattamento CMF Marelli)

Verso un nuovo paradigma – Quello dei rifornimenti di componenti e prodotti da parte delle imprese è un sistema ormai globalizzato, interconnesso, complesso, difficilmente controllabile: ogni giorno viaggiano nel mondo merci per miliardi di dollari, in una rete delocalizzata di rapporti sfuggenti, esposta a criticità che si propagano con effetto domino; l’“incubo logistico” si manifesta spesso anche a prescindere da eventi eccezionali, come la recente crisi dovuta al Covid. Così succede che all’improvviso le produzioni rallentano o si interrompono, le consegne ritardano, i prezzi aumentano, le attività pianificate saltano. Come per la sostenibilità energetica, anche per l’approvvigionamento si pone quindi la necessità della transizione verso nuove forme e modalità , che riducano i rischi associati alle catene convenzionali; l’adozione della manifattura additiva, che permette una snella internalizzazione/delocalizzazione della produzione, è una delle possibili soluzioni.

Immagini indicative. A sinistra: una flotta di stampanti 3D collegate in rete; a destra: l’Intelligenza Artificiale applicata alla manifattura additiva, che monitora e autorregge la stampa 3D in corso d’opera.

Produzione convenzionale versus Manifattura additiva – Centralizzare la produzione comporta necessariamente impegnare importanti risorse in conto capitale (CapEx) ed esporsi comunque a rischi di approvvigionamento. Nel modello tradizionale le industrie devono investire in anticipo in autorizzazioni, terreni, impianti, attrezzature, formazione del personale; poi gestire elevati costi operativi (OpEx) connessi alla manodopera, all’organizzazione e amministrazione, alle materie prime e alle utenze. Tutto questo imputa sul costo di realizzazione delle parti, a cui va aggiunto la quota pere l’ispezione, l’imballaggio, la spedizione e la gestione del magazzino.

Dotarsi di un sistema di produzione convenzionale permette magari di ottenere un costo unitario per pezzo concorrenziale ma espone ai problemi di rigidità: le  modifiche al prodotto o altre esigenze inattese comportano l’implementazione con molto tempo e costo. Per contro, anche basarsi sull’approvvigionamento da terzi con la  produzione in outsourcing presenta non comporta molta maggiore versatilità: certo non viene impegnato CapEx ma, di fronte a carenze di materiale o altri problemi in uno qualsiasi dei punti della lunga catena di rifornimento, si è costretti ad affrontare situazioni di emergenza.La vera alternativa – o integrazione – è attrezzarsi con un flusso di lavoro digitale un sistema di manifattura additiva, come la piattaforma “Digital Forge” di Markforged: per questa strada si libera l’impegno di capitale allocato, guadagnando in versatilità e reattività realizzativa; inoltre si aggiunge valore al prodotto in termini di complessità/ottimizzazione geometrica, personalizzazione o possibilità di produzione on-demand, risparmiando tempi/costi. “Spostando la fabbrica da impianti grandi e lontani a un sistema più snelli e prossimo al punto di effettivo utilizzo comporta a monte il capitale necessario e a valle la riduzione del rischio di produzione, spostandolo in capo agli utenti finali” dichiara in proposito Charles Lu, ingegnere applicativo di Marforged; “Con la stampa in 3D si alleggerisce la fabbrica e si sposta la produzione fuori da essa”.

Nel modello di produzione convenzionale, per predisporre la realizzazione di un prodotto l’impresa deve prima spendere in conto capitale; allestendo impianti fissi e assumendosene il rischio di funzionamento. (Immagine Markforged)

L’era della “Digital Forge” – Ma come funziona un processo di manifattura additiva? Con la Stampa in 3D il flusso di produzione si destruttura rispetto a quello classico, perché partendo dal file CAD si passa direttamente e immediatamente alla costruzione del prodotto senza le altrimenti necessarie fasi di progettazione CAM (preparazione degli stampi), di pianificazione delle attività e di manodopera degli addetti, senza commesse a fornitori terzi e gestione del magazzino; insomma una “fabbrica in miniatura” automatica, che riduce le dipendenze e le criticità implicite ad una catena di approvvigionamento esterna e globale. All’interno dei processi di stampa 3D, la “fucina digitale” di Markforged è un ecosistema ottimizzato di software, macchine e materiali che permette di realizzare i pezzi direttamente in loco e solo quando necessario in modo con qualità, affidabilità e sicurezza.

“Un enorme disimpegno del CapEx, che in parte sovvenzionato dallo stesso cliente insieme all’OpEx “, precisa Lu. “L’utilizzatore finale può gestire in proprio una varietà di risultati attraverso un processo di produzione sganciato da macchine, attrezzature o competenze specializzate”. Così il rischio si riduce ad un’unica operazione, incorporandosi nella sola stampante 3D e nei relativi materiali di costruzione del pezzo”.

La manifattura additiva riduce i tempi, i costi e i rischi di produzione eliminando le inerzie fisiche del trasferimento dei pezzi: le modifiche al prodotto possono essere apportate digitalmente (anche in modo collaborativo e da remoto), azzerando le tipiche iterazioni della ricerca e sviluppo; la lunga organizzazione e gestione del processo realizzativo e del flusso di lavoro si concretizza solamente ed istantaneamente nel lancio della stampa della commessa desiderata. Praticamente l’intera filiera si trasferisce in casa e si attiva al momento del bisogno.

Con la stampa in 3D crolla anche la quantità di articoli da tenere fermi in magazzino e da gestire in inventario,  poiché è si realizzano parti diverse utilizzando la stessa materia prima e perché si evita lo stock. Per non parlare della varietà realizzativa raggiungibile, altrimenti inaccessibile; e poi della disponibilità di attrezzature personalizzate o di ricambi, sempre costruibili con la stessa stampante.

Nel modello di produzione diffusa con stampanti 3D la realizzazione dei pezzi si emancipa da vincoli esterni, localizzandosi in prossimità e nel tempo del loro effettivo utilizzo finale. (Immagine Markforged)

La stampa 3D ha “democratizzato” la produzione? – E’ dal suo esordio nell’industria oltre trent’anni fa che la manifattura additiva promette di rendere più accessibile la produzione ma fino ad ora la rivoluzione non si è compiuta davvero o del tutto; questo non tanto per problemi tecnologici – nel frattempo ampiamente stati superati e tutt’oggi in continua evoluzione – quanto per resistenze negli approcci degli operatori. “Il primo nemico del progresso è il motto «si è sempre fatto così»” commenta Lu.

“Certo ci sono ancora alcuni limiti nelle macchine, nei materiali, nelle norme e nel controllo di qualità, così come è vero che la predisposizione di nuove logiche e di nuovi processi richieda tempo (curva di apprendimento), a partire dalla stessa diffusione della progettazione CAD, che è il prerequisito necessario all’uso delle stampanti 3D; ma il gap da colmare è soprattutto di mentalità e di voglia di affrontare con spirito diverso le sfide poste dalla competizione. Quando nei primi anni 2000 la stampa 3D è diventata più popolare, non esisteva ancora il cloud, quindi la questione dell’ottimizzazione dei sistemi fu affrontata a livello di singola stampante invece che a livello di flotta; ne derivarono software non standardizzati, con quantità e qualità di file memorizzati in posizioni disparate o inaccessibili. Oggi invece ci sono nuove possibilità; la piattaforma Markforged è strutturata con un software cloud-based, che permette aggiornamenti gratuiti e immediati, archivi digitali sempre disponibili; anche funzionalità accessorie per il controllo automatico e l’autocorrezione delle stampanti durante la stampa dei pezzi. Tra l’altro lavorare su una piattaforma affidabile e condivisa che funge da intermediario, permette a designer e utenti di essere reciprocamente garantiti nei diritti difendendosi dalla pirateria. L’approccio inziale alla manifattura additiva dei precursori è stato miope: invece di concentrarsi sull’uso del giocattolino finale (la macchina) e illudersi di poter stampare qualsiasi cosa (guardando alle esigenze dei consumatori) si dovrebbe guardare alla progettazione CAD del prodotto e del processo, verificando dove la stampa 3D sia possibile (sensata) quindi attrezzandosi e riorganizzandosi a ritroso”.

Infine è la disponibilità di materiali industriali è stato uno dei più recenti e importanti game-changer portato dalle stampanti 3D da produzione di nuova generazione: metalli accessibili e performanti e tecnopolimeri compositi rinforzati anche a fibra lunga, materiali tecnici specifici per le diverse applicazioni assicurano tutti la realizzazione di componenti a attrezzature davvero di livello ingegneristico, adatti alle diverse esigenze e settori; questo a maggior ragione all’interno di una piattaforma – un ecosistema – come “Digital Forge”,  dove softwares, macchine e materiali sono progettati in modo coerente per essere reciprocamente compatibili, integrati, ottimizzati ed ispezionabili, proprio e anche per permettere miglioramenti continui riguardo il controllo di qualità dell’output.

“Per esempio grazie al modulo «Blacksmith»”, agginge Lu, “le stampanti 3D Markforged garantiscono ai produttori l’uniformità delle realizzazioni non solo rispetto al disegno proposto ma anche rispetto ad altre stampanti della flotta, ovunque, da chiunque e in qualsiasi tempo i lavori siano lanciati in stampa. Più in generale il software  «Eiger» consente l’implementazione su larga scala, gestendo i files di stampa (con funzionalità per la regolazione delle utenze e dei ruoli) su una flotta persino distribuita su diversi punti di lavoro e garantendo la standardizzazione produttiva, all’occorrenza con informazioni sull’attività dell’intero parco macchine”.

A sinistra: La produzione versatile al momento del bisogno riduce le esigenze di magazzino. A destra: La produzione in Stampa 3D con “Digital Forge” accorcia la catena e riduce i rischi di approvvigionamento, automatizzando il flusso di lavoro. (Immagini Markforged.)

Proprio come fecero le macchine nell’era dell’automazione, con il miglioramento della qualità e la riduzione dei i rischi eliminando l’errore umano dalla produzione, nella corrente era della quarta rivoluzione industriale la manifattura additiva permette oggi un salto di produttività, riducendo i rischi associati all’organizzazione, gestendo le informazioni, grazie all’incorporazione dell’efficienza –persino dell’intelligenza – artificiale all’interno degli stessi macchinari”.

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Fonte: https://www.engineering.com/story/decentralized-manufacturing-how-the-digital-forge-inverts-manufacturing-risk-and-capital-allocation

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